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L’Italia fra emigrazione e immigrazione

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Academic year: 2021

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L’Italia fra emigrazione e

immigrazione Gli italiani che sono emigrati a partire dall’Ottocento hanno, per più di un secolo, fornito manodopera in numerosissimi Paesi stranieri, fino al secondo dopoguerra, quando si è aggiunto un forte flusso migratorio anche interno, dalle regioni meridionali verso quelle settentrionali.

A partire dagli anni Ottanta del Novecento si è verificata un’inversione di tendenza che ha trasformato l’Italia da Paese di emigrazione a uno di immigrazione.

Il fenomeno è stato favorito anche dal fatto che l’Italia, per la sua posizione geografica, è spesso il primo punto di approdo in Europa. Molti cittadini provenienti dai Paesi dell’Africa, e in parte del Medio Oriente, hanno finito per stabilirsi da noi perché l’accesso ad altri Paesi europei, che offrivano migliori condizioni di lavoro, era ostacolato da norme d’ingresso più restrittive. Il fenomeno, iniziato con l’arrivo di collaboratrici/collaborator idomestici, principalmente dalle Filippine, si è ben presto esteso a varie nazionalità.

La collocazione geografica dell’Italia, ai confini dell’Unione Europea sia a sud che a est, la difficoltà di controllare tutte le coste, la presenza di malavita organizzata che sfrutta

l’occasione, con le modalità di una “nuova tratta di schiavi”, hanno favorito entrate sempre più massicce, tanto da rendere difficile valutare la reale presenza di stranieri in Italia, soprattutto alla luce dei molti clandestini e lavoratori in nero che vivono nel Paese.

Mentre in un primo tempo gli immigrati venivano facilmente assorbiti come manodopera in settori rifiutati dagli italiani, la crisi economica iniziata nel 2008 ha creato un clima di

conflittualità, in contrasto con i principi comunitari di multiculturalità e multietnicità. In Italia il problema è aggravato da una mancanza di legislazione normativa organica nei riguardi dell’immigrazione, presente invece in altri Paesi.Nel novembre del 2007 il presidente della RepubblicaGiorgio Napolitano ha sottolineato il problema in una dichiarazione pubblica, sollecitando la riforma della legge sulla cittadinanza dei figli di immigrati, nati o cresciuti in Italia.

Il fenomeno di immigrazione degli anni Ottanta è diventato subito oggetto di studi sociali.Il coinvolgimento degli immigrati che raccontano leloro esperienze ha dato inizio negli anni Novanta alla

cosiddetta “letteratura della migrazione”, cioè la produzione letteraria di scrittori stranieri che

vivono in Italia e scrivono in lingua italiana Il fenomeno si era già verificato,a partire dagli anni

Cinquanta del Novecento,nei Paesi con un più antico passato coloniale,come ad esempio

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la Gran Bretagna.La produzione letteraria migrante in Italia si differenziaperò in quanto la lingua italiana non è un’eredità coloniale, ma una scelta di cultura. I primi scritti sono spesso autobiografici e parlano di violenzae di razzismo, di solitudine e della difficoltà di integrazione tra immigrati e cittadini italiani. Questa letteratura si sta evolvendo anche in forme diverse dal romanzo, arricchendosi con altre tradizioni letterarie e artistiche. Sta diventando anche uno stimolo per approfondire la storia del passato migratorio italiano, che tende a essere rimosso, perché si tratta di una storia dolorosa e per molti aspetti non diversa da quella di tanti

immigrati senegalesi, albanesi, nigeriani e cinesi. Al tempo stesso il dell’emigrazione italiana non si è esaurito. Oggi gli italiani sono ancora al primo posto tra i migranti comunitari, con una prevalenza di partenze dall’Italia meridionale e insulare, con la regione Sicilia al primo posto.

Quello che è cambiato è il livello sociale e culturale di gran parte degli emigranti,che sono spesso laureati che non trovano sbocchi di lavoro nell’industria o nella ricerca. La cosiddetta

“fuga dei cervelli” dei giovani che nel 2004 toccava il 25% è salita dopo tre anni a quasi il 38%.

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